Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

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Postilla: l’amena leggenda dei neuroni-specchio

6 commenti

> di Giuseppe Roncoroni*

Paolo, l’erudito psichiatra, mi scrive: «io sono come Gallese e per me la mente è fatta di neuroni». Paolo è sicuro che lo spirito dei sentimenti sia tutt’uno con la “cervella” che gronda di sangue nella mano impietosa del macellatore. Il mio amico non scherza e, nell’atmosfera surreale, soccombe all’incanto delle favole. Perciò si affianca a Gallese nell’elogio dei neuroni-specchio e li propaganda dalle gabbie dei macachi fino alle cattedre della filosofia dove sono insediati i farisei. Lo spunto è una semplice scoperta di laboratorio: certi neuroni si attivano in concomitanza con i gesti di imitazione e l’empatia fra le persone. Non è una notizia strabiliante, ormai sappiamo che ogni capacità corrisponde a fasci di neuroni, eppure è trasfusa nelle sfere della leggenda da una coppia di amene congetture.

Un segnale della prima supposizione è già nel battesimo dei neuroni-specchio. Quel pugno di cellule si appropria del nome della facoltà mentale avendo l’arroganza di esserne l’artefice. Ecco che i neuroni-specchio sono quelli che spiegano l’abilità di rispecchiarci negli altri. A questo punto però avremmo anche i neuroni-scoccio, quelli che fanno i capricci e i dispetti (finché non siano sculacciati per bene), e i neuroni-spolvero, all’opera per pulire mobili o fornelli, e avremmo una schiera di neuroni-cogitabondi fra i quali, stremati davanti alla Fenomenologia dello Spirito, gli eminenti neuroni-teoretici. Non potranno mancare i neuroni-ottusi che sono colpevoli delle amenità che proferiamo. Anzi rivolgo un invito ai “neurofilosofi”: scovate il neurone-ottuso e do per certo che non dovrete guardare lontano.

C’è poi una seconda supposizione che regge la leggenda dei neuroni-specchio. Questa casta di neuroni, deputata alla relazione fra le persone, vuole primeggiare rispetto ai neuroni che sono in gioco per gli altri affari della giornata. Paolo sta con Gallese ed è sicuro: l’essenza della nostra vita è la socialità e, dunque, risiede nei neuroni-specchio. Paolo e Vittorino avranno il plauso di Nobel ma intanto fanno venire i brividi a Proust: «Il cuore del mondo è in profondità. Ciò che ci tiene in superficie non serve a niente. Chi ha talento per scendere in profondità non perda il suo tempo in compagnia degli amici».

Annoto i libri che ho citato oggi:
Hegel (1807) Fenomenologia dello Spirito, La Nuova Italia, Firenze, 1960.
Proust (1913-1927) Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi, Torino, 1950.

tuffatore di delo

*Giuseppe Roncoroni, medico e psicoanalista, vive a Parma.

Questa è la Postilla di un saggio già proposto in febbraio dalla Rivista: Margherita Hack e l’amara faccenda dei neuroni-specchio.
L’ideologia alla base dei neuroni-specchio è raccontata da Simonetti: I neuroni-specchio tra neuroscienze e filosofia della mente.

Presto l’autore presenterà su Filosofia e nuovi sentieri il saggio Il prestigio della coscienza.

6 thoughts on “Postilla: l’amena leggenda dei neuroni-specchio

  1. Non ho capito il senso dell’articolo. I neuroni specchio non esistono secondo l’autore? Ci sono studi in merito? O si parla tanto per?

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    • L’autore dice una cosa molto sensata, che Carlo Sini (non pizza e fichi, eh!), tra gli altri, ha ribadito più volte: che chi pensa che il pensiero – o, meglio, l’abito di risposta del significato – sia riducibile ai neuroni è un povero fesso.

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  2. Oggi lo sanno anche i bambini che si attivano i neuroni in concomitanza con la vita cosciente. Quando l’EEG è piatto è il momento di preoccuparsi e correre in casa a prendere una medicina. Quindi nessuno contesta il fatto che ci siano certi neuroni in corrispondenza dei comportamenti sociali e il ricercatore che capisce quali siano si è meritato lo stipendio (non importa che siano davvero quelli che chiamano neuroni-specchio o che siano altri che presto snideremo). Mi sembrava evidente che la critica fosse rivolta al riduzionismo, in particolare alla teoria dell’identità fra cervello e mente, per cui la vita di società sarebbe nulla più che l’attività di quei neuroni. Mach lo chiamava “il mostruoso pensiero di spiegare l fenomeni psichici con le molecole e gli atomi”. Sottolineavo come nel nome “neuroni-specchio” già avanzi l’ombra di questo mostruoso pensiero.

    Il mostro ha una storia e qui, benché non mi sia simpatico, dò voce a Voltaire “Furono i popoli antichi che, nulla immaginando al di là della materia, considerarono le nostre idee come simili all’impronta del sigillo sulla cera. Questa opinione era un istinto grossolano piuttosto che un ragionamento. I filosofi che vollero poi provare che il pensiero sia null’altro che materia hanno errato molto di più perché, mentre il volgo s’ingannava senza ragionare, costoro sbagliavano a causa dei loro principi.”

    Grazie Sergio (Champollion?) per aver decifrato i miei geroglifici :)

    Giuseppe

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  3. molto interessante.
    grazie.
    paola

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  4. grazie Paola… non sai quante te ne dicono quando si sfregia un tabù alla moda e mica sottilizzano sui perché :)
    giuseppe roncoroni

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  5. Rispondo in modo preciso ai commenti. La mia nota è una postilla scherzosa a un saggio complesso: “Margherita Hack e l’amara faccenda dei neuroni-specchio”. Non la gradisce Paolo Dune e me lo fa sapere. L’offesa al tabù di moda e il tono beffardo suscitano altre proteste ed è simpatico il battibecco che compare nel sito Fallacie Logiche di facebook. Tutto ciò, però, distrae dall’intenzione della postilla. L’intenzione sta nel rigettare quel riduzionismo da cui dipendono la fama e anche il nome dei neuroni-specchio.

    Qui lo chiarisco meglio: C’è il livello della neurologia e c’è il livello della psicologia. La loro correlazione permette di dire che la fisiologia del cervello (compresi i neuroni-specchio) aiuta a capire com’è organizzata la psiche e che la psicologia aiuta a capire come lavorano quei neuroni. Il disaccordo sorge quando si compie la mossa, puramente ideologica, di stabilire una gerarchia fra l’uno e l’altro livello. Qui irrompe il dogma del riduzionismo: la psiche è una derivazione del cervello. Equivale a dire che il mondo della coscienza sarebbe inerte e inutile, poiché è escluso da tempo che tocchi il corpo variando la quantità di moto, e che l’arte di ragionare sarebbe sopraffatta dalla contingenza delle cellule.

    Il riduzionismo vanifica la vita cosciente e, intanto, decreta il trionfo dei neuroni-specchio e dei loro colleghi. Faccio un esempio: leggo “L’infinito” del Giacomo di Recanati e dovrò pensare che la vera origine sia nei neuroni-lirici che si attivarono mentre la scriveva. Si giunge a un paradosso più generale: alla base della poesia c’è l’attività del cervello, alla base di questa c’è la struttura dei neuroni, alla base dei neuroni c’è la qualità delle sue molecole, alla base delle molecole ci sono i cosiddetti atomi (e poi protoni, positroni, elettroni, quarks e così via) fino a che una particella infinitesima, come fosse Atlante, regge sulle spalle il Cosmo. Questa aberrazione, il riduzionismo, è il bersaglio della mia piccola nota.

    Giuseppe Roncoroni

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