> di Paolo Calabrò
Roberto Marchesini non si perde in chiacchiere ed apre il suo ultimo Epifania animale. L’oltreuomo come rivelazione con la domanda: «Esistono gli animali?», con l’intento esplicito di rivedere da cima a fondo il paradigma specista basato su una presunta essenza dell’uomo completamente eterogenea rispetto a quella animale: l’uomo e l’animale non sono né lo stesso né, reciprocamente, il “totalmente altro” di certa teologia. L’antropocentrismo che ha caratterizzato l’esperienza intellettuale dell’uomo fino ad oggi (pure in mezzo alle tante burrascose e dolorose corrosioni, dall’eliocentrismo all’evoluzionismo), va rivisto in profondità e, forse, completamente cassato. Per almeno due buoni motivi (e con ciò volendo sorvolare
sul senso di prossimità che l’uomo avverte nei confronti del cosiddetto “regno animale”, sia dal punto di vista emotivo sia da quello filosofico, la cui letteratura è in rapidissimo aumento): il primo, di fatto, legato alla contingenza storica, che vede le sorti del pianeta (e quindi di tutti i suoi “componenti” o “abitanti”) sempre più a rischio, legate a doppio filo a quelle dello sviluppo industriale della comunità degli uomini (contingenza nella quale il monito di Periandro di Corinto ad aver “cura del tutto” si fa sempre più ineludibile e urgente); il secondo, di diritto, relativamente alla questione dell’esser-uomo, resa più problematica che mai dalle dinamiche dello sviluppo post-umano (con la frastornante domanda: cos’è “uomo” oggi, nell’epoca dei trapianti, degli innesti, delle sostanze e della cibernetica?).
Se non per amore l’uomo dovrà presto abbandonare il proprio complesso di superiorità per forza: meglio affrontare le cose per tempo e con gli strumenti filosofici giusti. Questioni di attualità e di interesse notevoli, cui questo volume – molto chiaro nel linguaggio e nella sintesi, in una bella edizione Mimesis rilegata a filo con risvolti – fornisce un contributo vivace e opportuno.
Roberto Marchesini (Bologna 1959) è filosofo, etologo e zooantropologo. Direttore del “Centro Studi Filosofia Postumanista” e della “Scuola di Interazione Uomo-Animale (SIUA)” è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni tra le quali: Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza (Bollati Boringhieri, 2002), Il tramonto dell’uomo. La prospettiva postumanista (Dedalo, 2009) e Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista (2014). È inoltre Direttore delle riviste “Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo” e “Zooanthropology. The International Journal of Human/Animal Relationship”.
10 novembre 2014 alle 11:47
Emergente la necessità di sottolineare il fatto che da sempre l’uomo sia un ibrido (anima sensoriale) e dunque legato alla biologia così da non potersela scrollare di dosso senza rinnegarsi come specie. L’a. ben a ragione critica i luoghi comuni di una razionalità depurata dal corporeo, tendenxa tipica delle tradizioni asceticiste e di certa teologia razionalista ma della quale non fa parte,ad es.Tommaso d’Aquino nel cui Index on line i termini ‘animal’ e ‘corpus’ hanno rispettivamente 2424 e 11.496 citazioni il cui filoso conduttore non è la prescissione schizoidea mente-corpo (da Enrico di Gand ad Heidegger) ma la loro tensione trasmodale relativamente ai contesti esaminabili. L’Aquinate era già post-metafisico.