Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

L’io come cervello. Filosofia e neuroscienze in un libro Cortina di Patricia Churchland

4 commenti

> di Paolo Calabrò

In apertura del suo ultimo L’io come cervello (ed. Raffaello Cortina) Patricia Churchland continua la sua indagine filosofica nell’ambito delle neuroscienze, argomento à la page ma, come spesso accade in questi casi, in gran parte misconosciuto, frainteso, abusato. Di fatto, con le neuroscienze tendiamo sempre un po’ a esagerare: le amiamo o le odiamo, e ci è difficile rimanere neutrali (qualche volta si assiste perfino alla difficoltà di rimanere lucidi). Perché?, si chiede l’autrice. Non è soltanto il fatto che le neuroscienze pretendano talvolta di saperne più di noi su noi stessi: a questo siamo già stati abituati dalla psicanalisi (la quale però non ha mai preteso di portarci in tribunale con delle prove “schiaccianti” a nostro carico). Un po’ forse si tratta

dell’ennesima detronizzazione dell’uomo, già depauperato dall’evoluzionismo e dall’eliocentrismo. Un po’ ancora c’è la novità che esse rappresentano: le neuroscienze potrebbero effettivamente essere una nuova rivoluzione nell’ambito della conoscenza, e questo significa non solo il crollo di alcune certezze, ma anche il crollo di alcune posizioni di potere. D’altro canto – la Churchland è onesta nell’affermarlo, nonostante il suo schieramento evidente e dichiarato per questa disciplina – in parte la colpa è da attribuirsi alle neuroscienze stesse e più precisamente a quei tanti neuroscienziati che continuano a cavalcare l’onda del suo successo infarcendo la teoria genuina di slogan e piegando i risultati reali alle loro personali o collettive posizioni filosofiche: ecco che i grafici a colori di quelle lievi alterazioni dell’attività cerebrale registrate durante i processi cognitivi, diventano per loro suggelli inappellabili che il libero arbitrio non esiste, che la coscienza morale è un’illusione e ciarlatanerie di questa risma.

Come sta realmente la situazione? In verità, non ne sappiamo ancora molto; e certamente restano irrisolte alcune questioni fondamentali. Quel che è certo è che l’attività dell’uomo – sia essa razionale o inconscia o motoria – è legata a filo doppio a quella delle sue strutture materiali – il cervello, i nervi, i muscoli – e non si dà l’uno senza l’altro. Quindi la morale è nel cervello? Verrebbe da rispondere sì, nella misura in cui essa non può prescindere dal cervello per esplicarsi; per contro, sarebbe arbitrario e irrispettoso dello stato attuale della conoscenza dire che tutto ciò che l’uomo è possa essere per ciò stesso ridotto al suo cervello. Un esempio per tutti: si osserva che i ricordi cambiano parallelamente alla modificazione delle connessioni neurali del cervello; ma questo basta a dire che il cervello conservi all’interno della sua disposizione i ricordi? Se così fosse, dovrebbe poter esservi individuata la cosiddetta “traccia mnestica”, cioè il percorso delle connessioni stabilite ai fini della memorizzazione del ricordo. Ebbene, la traccia mnestica non è mai stata trovata: è dunque per ora solo un’ipotesi fra le tante. Del resto la comunità scientifica è divisa su questo punto: ci sono ancora ricercatori che sostengono la traccia mnestica non esistere affatto, e che il cervello non sia un grosso archivio della memoria, ma una specie di radio capace di sintonizzarsi sui ricordi, dislocati in un altrove che ha a che fare col passato e col futuro. Fantascienza? Può darsi, ma non più di quelle teorie che pretendono di fare dell’uomo un complesso meccanismo senza avere il minimo appiglio per sostenerlo. Siamo insomma ancora molto vicini alla celebre annotazione di Wiener, il padre della cibernetica: “Se il cervello umano fosse abbastanza semplice da poter essere compreso, noi saremmo troppo semplici per poterlo comprendere”. Non che sia un dogma, ovviamente; il futuro ce ne parlerà ancora. E in fin dei conti non è neanche vero che non abbiamo ancora scoperto niente: sono già emerse relazioni tra l’attività cerebrale e il cosiddetto comportamento morale, la coscienza e la formazione delle nostre decisioni. Vale certamente la pena di continuare a indagare. E quindi se da un lato è vero che non ne sappiamo ancora molto, è anche vero che da qualche parte bisogna pur cominciare. Il libro della Churchland è un buon punto di partenza.


P. Churchland, L’io come cervello, ed. Raffaello Cortina, 2014, pp. 306, euro 28.

Autore: Paolo Calabrò

Laureato in scienze dell'informazione (Salerno 1996) e in filosofia (Napoli 2004). Gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Collaboro con il mensile «Lo Straniero» e con il bimestrale «Testimonianze», con le riviste online «Pagina3» e «AgoraVox.it». Sono redattore del settimanale «Il Caffè» di Caserta, del mensile «l’Altrapagina» di Città di Castello (PG) e della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri». Ho pubblicato: L'intransigenza. I gialli del Dio perverso (ed. Il Prato, Padova 2015), romanzo noir ispirato ala teologia di Maurice Bellet; La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (ed. Il Prato, Padova 2014) e Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (ed. Diabasis, Reggio Emilia 2011), oltre a diversi saggi sul pensiero di Raimon Panikkar, di cui l'ultimo è «Lo scandalo dell'unicità e le sue conseguenze. La proposta ontologica di Raimon Panikkar» ("Conjectura: filosofia e educação, rivista di lingua anglo-italo-portoghese, aprile 2014).

4 thoughts on “L’io come cervello. Filosofia e neuroscienze in un libro Cortina di Patricia Churchland

  1. Grazie per la recensione e lo spunto, sicuramente un testo da leggere. Potrebbe indicarmi l’opera di Wiener da cui è tratta la citazione? Grazie

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  2. Si tratta del ricordo di gioventù di un ex studente di cibernetica dell’Università di Salerno; non saprei indicarLe la fonte. Di Wiener tuttavia si racconta un altro gustoso aneddoto che la dice lunga su quanto il padre della cibernetica fosse distratto, sempre intento a pensare ai suoi studi: un giorno si incontra con un collega in corridoio e si mettono a parlare delle loro ricerche. Alla fine Wiener chiede all’altro da quale direzione fosse arrivato al momento del loro incontro. “Venivi di là” risponde il collega puntando l’indice. “Bene – fa lui – allora ho già pranzato”.

    Grazie per l’attenzione.

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    • Molto bene, tranne che era Wittgenstein e non Wiener. (Comunque sempre W).

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      • Sicuro? Se riesce a indicarmi anche la fonte, provvederò a rettificare il testo,
        Grazie per l’attenzione.

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