«Trattandosi di erotismo (o più generalmente di religione), l’esperienza interiore lucida risultava impossibile in un tempo in cui non era ancora evidente il gioco di equilibri tra divieti e trasgressioni, che rende possibile l’esistenza degli uni e delle altre. D’altra parte, non è sufficiente sapere che tale gioco esiste. La conoscenza dell’erotismo, o della religione, richiede un’esperienza personale, identica e contraddittoria, del divieto e della trasgressione. Questa doppia esperienza è rara. Le immagini erotiche, o religiose, essenzialmente impongono ad alcuni i comportamenti dettati dal divieto, ad altri i comportamenti opposti. […] Ma la trasgressione non è il “ritorno alla natura”: essa sospende il divieto senza eliminarlo. Qui si cela la molla dell’erotismo, e qui ugualmente si cela la molla di ogni religione» [Georges Bataille, L’erotismo, ES, 1991 Milano, p. 35].
«L’erotismo considerato dall’intelligenza come una cosa è, allo stesso titolo della religione niente altro che una cosa, un oggetto mostruoso. L’erotismo e la religione ci sono preclusi nella misura in cui rifiutiamo di situarli risolutamente sul piano dell’esperienza interiore. Noi li situiamo sul piano delle cose, che noi conosciamo dall’esterno, qualora cediamo, anche senza rendercene conto alla proibizione. La proibizione cui si obbedisce senza timore reverenziale non ha più la contropartita del desiderio, che ne costituisce il senso profondo. La cosa peggiore è che la scienza, i cui procedimenti richiedono che tratti oggettivamente la proibizione, parte da essa, ma contemporaneamente la rifiuta in quanto irrazionale! […] Non opponendoci più all’erotismo, dobbiamo cessare di farne una cosa, un oggetto esterno a noi. Non ci resta che considerarlo il movente stesso dell’essere. Ma se la proibizione ha efficacia, questo risulterà difficile. La proibizione ha fatto, dapprima, il gioco della scienza: ha allontanato dalla nostra coscienza l’oggetto che vietava, in pari tempo sottraendo alla nostra coscienza (o, per lo meno, alla coscienza chiara) quel sentimento di orrore la cui conseguenza era il divieto. […] Senza il divieto, senza il primato del divieto, l’uomo non avrebbe potuto giungere alla coscienza chiara e distinta, su cui si fonda la scienza. […] La verità delle proibizioni costituisce la chiave del nostro atteggiamento umano. Noi dobbiamo, noi possiamo sapere esattamente che le proibizioni non sono imposte dal di fuori. Lo testimonia l’angoscia quando trasgrediamo il divieto, soprattutto in quell’istante sospeso in cui il divieto continua a pesare, e tuttavia noi già cediamo all’impulso al quale si opponeva. Se osserviamo il divieto, se ci assoggettiamo ad esso, non ne abbiamo più coscienza. Ma, nell’istante della trasgressione, siamo preda dell’angoscia, senza la quale la proibizione non sarebbe: è l’esperienza del peccato. L’esperienza conduce alla trasgressione compiuta, alla trasgressione riuscita, la quale, se mantiene la proibizione, la mantiene per trarne piacere. L’esperienza interiore dell’erotismo richiede, da parte di colui che la compie, una sensibilità altrettanto grande per l’angoscia che fonda il divieto quanto per il desiderio che induce a infrangerlo. È, questa, la sensibilità religiosa, che sempre lega strettamente desiderio e timore, piacere intenso e angoscia» [Ibidem, pp. 36-37]
23 febbraio 2015 alle 11:06
La rivista Acephale, che non fece neppure in tempo ad uscire e subito scomparve, ospitò un articolo fondamentale di Bataille su Nietzsche che passò del tutto inosservato e che costituisce la renaissance francese di Nietzsche. Sarebbe interessante riprenderlo e commentarlo. Riccardo
23 febbraio 2015 alle 11:29
L’argomento merita senz’altro approfondimento adeguato. Le segnalo che sulla questione abbiamo in passato ospitato un articolo interessante qui: https://filosofiaenuovisentieri.it/2013/05/01/bataille-interprete-di-nietzsche-la-questione-politica/
Cordiali Saluti
Daniele Baron