> di Paolo Calabrò
«Siamo passati dalla cieca fiducia del positivismo del 1800, che ambiva a diradare o annullare le tenebre dell’incertezza e che si prefiggeva di vincere le sofferenze umane, alla sensazione di essere impotenti e preoccupati di fronte alla totale incertezza e imprevedibilità delle cose e del mondo: siamo passati dal futuro percepito e raccontato come una promessa, al futuro temuto e visto come una minaccia. […] Nel nostro attuale momento storico possiamo dire che la leggerezza sia un’esigenza».
Così Laura Campanello – esperta di Pratiche filosofiche, socio fondatore della Società di Analisi Biografica e Orientamento Filosofico (SABOF) e consulente pedagogica specializzata nell’accompagnamento alle malattie e al lutto – imposta la sua riflessione sulla leggerezza: qualcosa che non ci basta più semplicemente prendere in considerazione. Ne abbiamo bisogno. Si inizi col chiarire che la leggerezza cui ci si riferisce qui non è superficialità; né inadeguatezza, né banalità. Vivere con leggerezza – non come se le cose non avessero il peso che hanno; ma riuscendo a dare a esse, e a se stessi, il giusto peso – è al contrario un’arte e un esercizio filosofico che va affinato tanto con la teoria quanto con la pratica. Perciò questo volume (appena edito da Mursia nell’agile collana “Piccole tracce” diretta da Raffaella Soldani) propone – accanto a una riflessione che va dai classici filosofici (Nietzsche, Seneca) agli studi più recenti (Hadot, Benasayag) – una serie di esercizi volti alla sperimentazione personale. Se filosofia non è mero capire certe cose, ma modificare se stessi nell’incontro con quelle cose (secondo l’idea aristotelica di praxis), anche la nozione di leggerezza non può venir slegata dall’imparare a “vivere leggeri”. Con una breve sezione conclusiva di Giorgio Omodeo, psicanalista e psichiatra milanese.
L. Campanello, Leggerezza, ed. Mursia, 2015.