> di Paolo Calabrò
Heidegger distingue nella sua opera gli stati d’animo tanto dai sentimenti quanto dalle emozioni, designando quei primi con uno specifico termine: Stimmungen. Questo perché gli stati d’animo – a differenza di quanto sostiene gran parte della filosofia, sia classica sia moderna, per non parlare delle scienze – hannno a che fare direttamente con il modo in cui si entra in contatto con la realtà: essi incidono dunque sulla conoscenza delle cose da parte dell’uomo. Cioè con quello che, appunto, si chiama filosofia.
Pathos e Logos sono insomma collegati in maniera inestricabile. Ma non solo: se l’approccio – qualunque approccio – alla realtà è condizionato a monte dallo stato d’animo (si può infatti avere uno stato d’animo anziché un altro; ma non si può non averne nessuno, né si può pretendere di fare “come se non lo si avesse”) non sarà forse che… l’affettività vanti rispetto alla comprensione un certo primato ontologico?
Chiara Pasqualin, assegnista di ricerca presso l’Università brasiliana di São Paulo, dedica il suo ponderoso studio all’esame di questo rapporto nella speculazione del grande pensatore tedesco, offrendo al lettore un lavoro di ottima fattura, preciso e puntuale, oltre che ben scritto. Rivolto evidentemente ad un pubblico specialistico – sia per la mole, sia per la densità dell’approfondimento – e basato su una solida bibliografia quadrilingue, questo libro consegue alla dissertazione di dottorato dell’autrice, realizzata in “cotutela” tra le Università di Padova e quella di Innsbruck, e tenutasi a Padova in lingua italiana e tedesca. Il volume è realizzato con il contributo del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università di Padova.
C. Pasqualin, Il fondamento “patico” dell’ermeneutico. Affettività, pensiero e linguaggio nell’opera di Heidegger, ed. Inschibboleth, 2015.