«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot
come tutti quelli che maggiormente interessano l’umanità, è,
così dal punto di vista morale,
come dal punto di vista
economico-sociale, insolubile»
[Giuseppe Rensi, Contro il lavoro]
I.
Giuseppe Rensi filosofo e giurista che svolse gran parte del suo magistero a Genova prima che l’ondata brutale e mortifera del fascismo lo allontanasse dall’insegnamento, giudicava «il problema del lavoro» insolubile sia dal punto di vista morale che da quello economico-sociale [1]. Considerando l’attuale configurazione planetaria del lavoro, inteso in tutte le sue molteplici e atipiche forme del presente, non si può contraddirlo con argomenti banali e di facile consumo.
La morale dell’autenticità di Jean-Paul Sartre – Parte III
> di Daniele Baron
3. MOTIVI DELL’ABBANDONO
Sartre nel dopoguerra lavorò con assiduità al progetto di un’opera sulla morale dell’autenticità, accumulando degli appunti in numerosi quaderni. Secondo la sua testimonianza, questo lavoro lo condusse a riempire «una decina di grossi quaderni di note» (J.-P. SARTRE-M. SICARD, Entretien. L’écriture et la publication, cit., p. 14. Questo numero [una decina] è solo indicativo e non preciso, perché in un altro luogo Sartre parla di dozzine di quaderni: cfr. J.-P. SARTRE, Autoritratto a settant’anni, cit. pp. 69 s.). In essi il tema principale era appunto il problema della morale dell’autenticità e le sue riflessioni si fondavano su i presupposti teorici ed ontologici de L’être et le néant. L’orizzonte della sua ricerca però non era limitato a quest’unico tema; si occupava infatti anche del problema del rapporto della morale con la storia e la dialettica ed altri pensieri non propriamente legati alla morale s’inserivano nella sua trattazione (Cfr. S. DE BEAUVOIR, La forza delle cose, cit., p. 161 e p. 173; La cerimonia degli addii, cit., pp. 192 s., pp. 430 s. Cfr. anche J.-P. SARTRE, Autoritratto a settant’anni, cit., pp. 69 s.).
In seguito all’abbandono, avvenuto alla fine del 1949, del progetto di un’opera sulla morale, Sartre non si occupò più di quei quaderni e li perdette per la maggior parte (Cfr. J.-P. SARTRE, Autoritratto a settant’anni, cit. p. 87; J.-P. SARTRE-M. SICARD, Entretien. L’écriture et la publication, cit., p. 14). Ad un esplicita richiesta non acconsentì alla loro pubblicazione, ma non si oppose al fatto che venissero pubblicati postumi.
I Cahiers pour une morale e Vérité et existence sono quanto ci resta oggi di quell’intensa riflessione: i primi sono stati scritti negli anni ’47-’48, la seconda nel ’48 (Fanno eccezione le due appendici dei Cahiers, che pur occupandosi del tema della morale, non rientrano nel corpo dell’opera. La prima è stata scritta nel 1945. La seconda che si occupa dell’oppressione razziale negli Stati Uniti non è datata. Cfr. J.-P. SARTRE, Quaderni per una morale, Edizioni Associate, Roma 1991, pp. 537-557).
La morale dell’autenticità di Jean-Paul Sartre – Parte II
> di Daniele Baron
2. DOPOGUERRA: DIFFICOLTÀ DELL’IMPEGNO
Nel dopoguerra Sartre cerca di mettere in pratica gli insegnamenti che ha tratto dall’esperienza dei cinque anni di guerra; la sua scelta d’impegno politico e la sua volontà di comprendere con sempre maggiore esattezza la società e l’epoca in cui si trova si precisano. Allo stesso tempo, però, in questo suo intento si scontra con le difficoltà derivanti dalla situazione incerta di quel periodo ed anche qui gli eventi storici concorrono a formare ed in buona parte a deformare e deviare la sua posizione.
Qui voglio ricostruire il clima politico e culturale degli anni che vanno dal 1945 al 1949 circa per comprendere in quale contesto la sua riflessione morale si sia sviluppata e quali siano i fattori della sua personale esistenza che l’hanno accompagnata influenzandola.
L’immediato dopoguerra vede un primo deciso affermarsi del pensiero di Sartre ed anche il successo dell’esistenzialismo sia sul piano strettamente culturale che su di un piano più ampio, tanto che esso diventa una vera e propria moda. Sartre diventa all’improvviso nel 1945 uno scrittore celebre in tutto il mondo.
La prima tappa della concretizzazione della sua decisione d’impegnarsi e della sua volontà di partecipare attivamente all’attività politico-culturale del suo tempo è la creazione nel 1944-45, insieme a Raymond Aron, Simone de Beauvoir, Michel Leiris, Maurice Merleau-Ponty, Albert Ollivier, Jean Paulhan, della rivista “Les Temps Modernes”. Nella Présentation del primo numero dell’ottobre 1945, cercando di definire i precetti generali a cui la rivista dovrà rifarsi, Sartre precisa nello stesso momento quale deve essere la funzione dell’intellettuale e della letteratura nella società. L’intellettuale deve essere impegnato, engagé, deve fuggire dalla tentazione d’irresponsabilità, è in situazione nella propria epoca e deve sceglierla (Cfr. J.-P. SARTRE, Presentazione di “Temps Modernes”, in IDEM, Che cos’è la letteratura?, Il Saggiatore, Milano 1995, pp. 122 ss.).
L’être et le néantdi Jean-Paul Sartre si conclude con breve paragrafo dedicato al problema morale (Cfr. J.-P. SARTRE,L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano 1965, ristampa 1997, pp. 694-696). Qui Sartre dice che l’ontologia occupandosi esclusivamente di ciò che è, ha solo una funzione descrittiva e non prescrittiva, non può fornire degli imperativi dai suoi indicativi, ma lascia intravedere quello che potrebbe essere una morale che si fondi sui risultati della sua indagine. L’ontologia apre a prospettive morali complesse che necessitano di un’approfondita trattazione. Per questo motivo, Sartre qui si limita ad enunciare senza rispondervi alcune questioni che sorgono da questo punto di vista e rimanda la loro soluzione ad una futura opera specificamente dedicata al problema morale.
«Tutti questi problemi, che ci rinviano alla riflessione pura e non “complice”, non possono trovare la loro risposta che sul terreno morale. Vi dedicheremo un’altra opera» (Ibidem, p. 696).