Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Tegere artem: il valore e il limite dell’ars dialectica nella riflessione di Lanfranco di Pavia e Pier Damiani

> di Alfredo Gatto*


Lanfranco di Pavia e Pier Damiani rappresentano due delle figure più importanti dell’intero panorama dell’XI secolo. Le loro opere costituiscono una via di accesso privilegiata per analizzare e valutare la diffusione e l’importanza dell’ars dialectica nel milieu culturale di questo periodo storico. I due teologi si confrontarono criticamente con i dialettici del tempo, cercando di preservare l’intelligenza spirituale delle Sacre Scritture. Come ha sottolineato Josef Anton Endres [1], prima della controversia tra il nominalismo e il realismo, un’altra disputa aveva occupato il centro della scena: ci stiamo riferendo, naturalmente, al confronto fra i “dialettici”, intenzionati ad applicare ai dogmi cristiani gli strumenti formali della dialettica, e gli “antidialettici”, così chiamati per il loro rifiuto di impiegare in modo acritico le regole dell’ars disserendi allo studio della Bibbia [2]. Sebbene questa classica distinzione sia stata giustamente oggetto di alcune critiche [3], uno schematismo così rigido ci permette tuttavia di collocare i principali nodi concettuali di quella celebre disputatio all’interno di un quadro storico ben preciso. Continua a leggere

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