> di Stefano Santasilia
Blanchot rappresenta una lettura obbligatoria per chiunque rivolga la propria attenzione allo spazio letterario. Di questo tratta “l’esplorazione” che Lévinas realizza del pensiero di Blanchot, attraverso i tre saggi e l’intervista che compongono il volume in questione. In essi, il pensatore lituano-francese scandaglia il testo di Blanchot al fine di lasciar emergere i punti di contatto tra le due riflessioni, quella dell’autore che analizza e quella dell’autore che costituisce l’oggetto dell’analisi. Si avvicendano, così, attraverso il dipanarsi dei saggi che compongono il volume (sul mondo, la servitù, la poesia) le riflessioni sui temi cardine del pensiero levinasiano, rispetto al quale Blanchot si presenta come un eccellente interlocutore e provocatore.
I temi della soggettività, del mondo, della relazione istituita a partire dal volto d’altri, trovano, nella descrizione che Lévinas realizza della produzione di Blanchot, una collocazione tanto evidente quanto inedita, chiara ma allo stesso tempo velantesi. Si tratta di un “dialogo ininterrotto”, come sottolinea egregiamente Francesco Fistetti in uno dei saggi che fanno da introduzione al volume. Un dialogo che verte sulla possibilità di adombrare, mai descrivere pienamente, una comunità espressione dell’umano nel suo senso più autentico. Uno spazio comune capace di permettere la spontanea e mai mediata manifestazione dell’altro, e di salvaguardare, allo stesso tempo, la legge come espressione di un’universalità morale. Si tratta di una traccia, di un indizio che in Lévinas si fa necessità di ricerca e in Blanchot proposta necessaria. Il filo rosso che lega Blanchot a Lévinas non è qualcosa di esterno alla relazione di amicizia, intesa come prossimità che implica una comune visione del mondo. Lévinas ritrova in Blanchot l’espressione dei suoi dubbi, e finanche la radicalizzazione delle sue proposte. Per tutte le ragioni fin qui esposte, tale testo si presenta come un’interessantissima lettura relativa al pensiero levinasiano e a quello di Blanchot, perché capace di lasciar venire alla luce il continuo rimando esistente tra le due posizioni, e la compenetrazione di due sguardi già immersi l’uno nell’altro.
E. Lévinas, Su Maurice Blanchot, ed. Caratteri Mobili, 2015.