Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


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Gli Dei del capitalismo: teologia economica nell’età dell’incertezza di Maria Grazia Turri

> di Pietro Piro

Tutti copertina libro

Maria Grazia Turri aveva già dato prova del suo talento filosofico con lavori importanti come: Biologicamente sociali culturalmente individualisti, Mimesis, Milano-Udine 2012 e La distinzione fra moneta e denaro: Ontologia sociale ed economia, Carocci, Roma 2010. Con il suo recente contributo Gli dei del capitalismo: teologia economica nell’età dell’incertezza, Mimesis, Milano-Udine 2014, inaugura una nuova collana della casa editrice Mimesis (da lei diretta) con un nome non molto familiare nel panorama dell’offerta accademica italiana: Filosofie dell’economia. Si tratta di lavoro approfondito e impegnativo il cui intento è quello di «mettere sul banco degli imputati l’astoricità del pensiero e dei valori che sottostanno ai comportamenti economici e politici, tradizionalmente letti come autonomi» (p. 11).

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Norberto Bobbio contro il governo occulto

> di Pietro Piro

Bobbio
Affamati di giustizia civile e desiderosi di ritrovare le ragioni di una filosofia critica che sempre più oscilla tra il culto museale dei patriarchi francofortesi e l’istigazione alla sollevazione contro l’Impero, potremmo rileggere gli “scritti civili” di Norberto Bobbio dedicati alla strage di Brescia che la casa editrice Morcelliana raccoglie in un piccolo ma denso volume dal titolo: La strage di Piazza della Loggia (Morcelliana, Brescia 2014). Questi “scritti d’occasione” ci permettono di ritrovare tutta la tensione civile di un filosofo della politica che ha sempre guardato con lucidità alla realtà, senza chiudersi unicamente nella torre d’avorio della speculazione accademica.

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La differenza italiana. Genealogie dell’impersonale, della passività radicale e della debolezza tra Esposito, Agamben e Vattimo

> di Andrea Sartori*

Florida State University – Tallahassee
Spring Semester 2014
Guest Lecture for the course
Readings in Contemporary Italian Literature and Culture
taught by Prof. I. Zanini Cordi

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In un articolo pubblicato nel 1976 sulla rivista L’erba voglio fondata dallo psicoanalista Elvio Fachinelli (1928-1989), Mario Perniola individuava nell’eterno ritorno dell’uguale il tratto fondamentale (e paradossale) della differenza italiana. Secondo quella diagnosi, il Paese era bloccato – fin nel suo genoma culturale – nell’impossibilità di evadere dall’apparenza del cambiamento. Perniola dilatava pertanto l’amara constatazione di Tomasi di Lampedusa (1896-1957) – secondo la quale tutto deve cambiare perché tutto rimanga così com’è – a cifra interpretativa non solo dell’Italia unificata, ma delle sue radici culturali pre-risorgimentali, addirittura cinquecento-secentesche. Il barocco italiano, ad esempio, con la sua enfasi sulla mutevolezza delle forme e delle immagini – l’Adone di Giovan Battista Marino (1569-1625) venne pubblicato nel 1623 a Parigi – già preludeva nell’analisi di Perniola alla levità, alla leggerezza senza peso specifico d’una società che ben conosciamo. Un società, in altri termini, il cui immaginario doveva essere fagocitato a breve da un nuovo soggetto economico-politico, incentrato sul possesso e l’utilizzo dei mass-media (della televisione, in particolare). Non molti anni dopo il 1976 in cui uscì l’articolo di Perniola, il governo socialista presieduto da Bettino Craxi cedette di fatto, tra il 1984 e il 1985, il monopolio della televisione commerciale a Silvio Berlusconi – ponendo così le basi di un successo che l’imprenditore, a partire dal 1994, avrebbe sfruttato anche sul piano politico.

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Federico Sollazzo: Totalitarismo, democrazia, etica pubblica

> di Pietro Piro*

La società modernizzata fino allo stadio dello spettacolare integrato è contraddistinta dall’effetto combinato di cinque caratteristiche principali che sono: il continuo rinnovamento tecnologico; la fusione economico-statale; il segreto generalizzato; il falso indiscutibile; un eterno presente.

[G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo]

Federico Sollazzo, "Totalitarismo, democrazia, etica pubblica"

I.

Il libro di Federico Sollazzo, Totalitarismo, democrazia, etica pubblica [1] oltre ad essere ben argomentato e ben scritto, ha il merito di riportare la nostra attenzione su temi che senza nessun timore possiamo definire essenziali. Il libro si propone di affrontare argomenti complessi e densi dal punto di vista umano ed ermeneutico ed è diviso in tre grandi sezioni: Filosofia Morale, Filosofia Politica ed Etica. Il testo [costruito come un percorso in cui la storicità degli eventi segna il susseguirsi delle argomentazioni] pre-pone il fenomeno del totalitarismo come elemento di partenza e punto d’irradiazione per sviluppare tutte le argomentazioni successive. Riteniamo sia dunque metodologicamente corretto, partire proprio dall’analisi di Sollazzo su quest’argomento per sviluppare poi le nostre argomentazioni critiche. Il libro si apre con quest’affermazione:

«Il crollo dei regimi totalitari non ha certo segnato il superamento della problematica del controllo totale sugli individui, del dominio, ma un mutamento della forma e dei modi di attuazione dello stesso, un suo perfezionamento. Queste dinamiche rendono necessario il ricorso a un nuovo strumento concettuale, del quale fondamentali riferimenti, fra gli altri, sono i termini “sistema” e “Impero”» [2].

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