> di Nicola Simonetti*
Presentazione
Il presente articolo prende in considerazione in primis la storia della scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio” alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, da parte del team di ricercatori capeggiati dal neurologo G. Rizzolatti: L. Fadiga, L. Fogassi, V. Gallese, G. di Pellegrino. Essi si dedicavano allo studio della corteccia pre-motoria nei macachi, essendo simile a quella umana.
Per fare ciò collocavano degli elettrodi nella corteccia frontale inferiore di un macaco per studiare i neuroni pre-motori specializzati nel controllo dei movimenti della mano, come la raccolta o la manipolazione di oggetti.
L’aneddotica (probabilmente solo in parte corrispondente al vero, come lo stesso M. Iacoboni, nel 2008 ha ammesso) racconta che, mentre uno sperimentatore prese una banana (o qualcos’altro, secondo altre versioni) in un cesto di frutta preparato per degli esperimenti, alcuni neuroni della scimmia, che stava guardando la scena, avevano reagito, come veniva rilevato dal suono della scarica prodotta nel computer collegato agli elettrodi impiantati chirurgicamente nel suo cervello. Come poteva accadere se la scimmia non si era mossa? Come poteva accadere se fino ad allora si pensava che questi neuroni si attivassero solo per le funzioni motorie? In un primo momento gli investigatori pensarono che fosse un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto era a posto e le reazioni si ripeterono non appena si ripeté l’azione di afferrare. Attraverso altri numerosi esperimenti venne confermato che tali neuroni pre-motori non solo codificano le azioni motorie ma anche l’osservazione dell’azione e/o l’intenzione dell’azione. In particolare, i neuroni che si attivano nel sistema neurale dell’osservatore di un’azione, come se la stesse eseguendo in prima persona, vennero appunto chiamati “neuroni specchio” in quanto si attivano in modo speculare, simulando l’azione che si sta osservando.
Uno dei libri più ricchi e interessanti nel riferire esperienze e le implicazioni derivanti da questa importante scoperta è il libro di Rizzolatti e Sinigaglia: “So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio“, Edizioni Cortina Raffaello, Milano, 2006.
L’argomento centrale attorno al quale i sette capitoli del libro sono articolati è che «il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende» (Ib., p.3).
Si tratta, evidentemente, di una comprensione “pre-concettuale”, “pragmatica”, che ci costringe a riconsiderare il significato stesso di “comprensione” e “cognizione”, legando più strettamente il complesso delle attività cognitive, come la memoria, la percezione, il linguaggio, alla sfera motoria, non più intesa come base fisica per la mera esecuzione di azioni motorie meccaniche, ma come l’origine di comportamenti intenzionali che definiamo “intelligenti”.
Infine, prendo in considerazione l’ampio e fecondo dibattito multi-inter/disciplinare in fieri, coinvolgente filosofi, neuroscienziati e psicologi, intorno alla complessa interpretazione di tale scoperta e dei numerosi esperimenti riguardo al funzionamento dei NS e del cosiddetto “Sistema Specchio” (SS).
In particolare, analizzo i pareri e le teorie interpretative dei:
1) “deflazionisti” dei NS, ovvero di coloro che o mettono in discussione la loro stessa esistenza specifica o ne ridimensionano drasticamente le potenzialità esplicative, come A. Caramazza, P. Jacob e P. Pascolo,
2) sostenitori del “ruolo cognitivo” dei NS, come V. Gallese (che perciò ha coniato il significativo termine di “neuroscienze cognitive”), L. Boella (che ha analizzato le conseguenze di tale scoperta sull’etica, approfondendo la riflessione sulla “neuroetica”) e infine A. Attanasio e A. Oliverio, secondo i quali i NS sarebbero la base fisica per spiegare alla radice molti comportamenti complessi che diciamo “cognitivi”, come i comportamenti linguistici e cooperativi, configurandosi come un sistema filogenetico selettivo, di tipo darwiniano, operante a livello socio-cognitivo, biologico e culturale insieme, che, sedimentatosi per gradi, diventa un veicolo originario di comunicazione-cognizione, diretto e automatico.
Per la presentazione in pdf cliccare qui; per l’articolo completo invece cliccare sul seguente link:
* Nicola Simonetti è docente liceale di Filosofia e Storia. Attualmente sta ultimando il Dottorato di Ricerca in Scienze Cognitive presso l’Università di Siena. Ha tradotto, in particolare, due saggi del filosofo della mente J. Kim (1998-2005) e ha scritto, con la Dott.sa R. Zanardi, il manuale Filosofia e scienze della mente (Armando, Roma, 2004), Supervenience, Reductionism and Mirror Neurons System (LAP, Saarbrücken. Germany, 2012) e La mente incorporata. La lezione di J. Kim sino ai neuroni specchio (Aracne, Roma, 2012).
29 settembre 2013 alle 10:56
Cari lettori, spero sinceramente che questo mio articolo aiuti a gettare un ponte tra filosofia e scienza tout court, come ho sempre desiderato, sin dai tempi in cui ero studente liceale, e poi, più concretamente, studiando e scrivendo, ai tempi del corso di Laurea in Filosofia, articoli e infine saggi di filosofia e scienze della mente, da quando sono docente liceale di filosofia, scienze sociali e storia. Credo sinceramente nello stretto legame sin dalle origini tra filosofia e scienza, essendo convinto che solo attraverso una difficile ma feconda collaborazione multi/inter-disciplinare si possa meglio comprendere la complessità della natura e dell’uomo. La mente è il tempo vissuto da un corpo, il corpo è lo spazio sentito da una mente. Buona lettura e riflessione. Grazie a tutti coloro che vogliano partecipare al dibattito che auspico! Ad maiora, semper! Prof. Nicola Simonetti
29 settembre 2013 alle 13:52
Molto interessante, grazie per la pubblicazione. Proprio ieri leggevo l’interessante articolo di Salvatore Giannella su neuroni specchio e arte. Spero che possa contribuire alla riflessione, questo è il link: http://giannellachannel.info/2013/09/28/neuroni-specchio-parma-perche-bello-e-buono-accendono-cervello/
30 settembre 2013 alle 08:29
Caro Fulvio, ti ringrazio per la segnalazione di questo interessante blog che mi richiama alla memoria un bel convegno milanese, “Immagini della mente”, dedicato alcuni anni fa (era forse il 2006 o 2007) al rapporto tra neuroscienze, arte e filosofia. Certamente, come ho commentato anche sul mio profilo facebook, condividendo questo link, la fruizione e il trasporto che si ha per un’opera d’arte ci fa ben comprendere la risonanza motoria e l’empatia cui presiede il sistema dei neuroni specchio. Io, in virtù della mia formazione sono un filosofo della mente laureatosi con una tesi su riduzionismo e sopravvenienza nel pensiero di J. Kim ed ora mi sto addottorando a Siena con una tesi sul dibattito intorno ai neuroni specchio e a una mia interpretazione riduzionistico-naturalistica del sistema specchio, in sintonia con il riduzionismo di Kim e l’evoluzionismo di matrice darwiniana… Buona continuazione della riflessione e discussione, a conferma dell’interesse per la scienza e la filosofia… perché non esiste solo la marcia politica italiana!
29 settembre 2013 alle 22:57
È interessantissimo! Sarebbe ancora più interessante analizzare il comportamento dei neuroni durante un’azione che necessita sia di una attività cognitiva che di una motoria, ad esempio uno sport o un combattimento, e vedere quale è la reazione generale del cervello. E secondo me questa scoperta potrebbe trovare sviluppo nel campo medico, ortopedico o sportivo, più che in campo filosofico.
30 settembre 2013 alle 08:40
Caro Luca, grazie per il tuo commento che è una riflessione interessante sul legame tra sfera cognitiva e sfera motoria! L’intreccio tra queste due sfere, quale è mostrato dal funzionamento del sistema dei neuroni specchio (dal momento che si è osservata in numerosi esperimenti l’attivazione di neuroni nell’area motoria in concomitanza con lo svolgimento di funzioni cognitive come l’osservazione e altre modalità percettive) è certamente di straordinario interesse teoretico (io propendo per una interpretazione naturalistico-evoluzionista) e pratico, nelle terapie mediche per il recupero da traumi o per allenamenti mirati, ecc… ma so anche che c’è una certa ostilità da parte di alcuni medici che rifiutano un approccio “globalista”…. buona riflessione e discussione! NS
30 settembre 2013 alle 19:03
Un approccio “globalista” lo rifiutano tutti per gli interessi relativi :-) ovviamente come tutte le ricerche si dovrà sviluppare fino a poter essere una proposta di soluzione efficace a dei problemi. Questa questione dei neuroni specchio potrebbe anche porsi, nel campo medico “futuristico”, come un ottimo rivale della nanotecnologia, però personalmente non vedo altri tipi di sbocchi a livello “teorico”.
1 ottobre 2013 alle 15:52
Io credo che questa scoperta abbia conseguenze sia a livello pratico sia teoretico su scienze umane come psicologia, sociologia, pedagogia, ecc. in quanto dovrebbe “costringere” a rivedere certi approcci e teorie troppo “top-down” e che distinguano nettamente tra facoltà cognitive e processi motori, in quanto il sistema specchio mostrerebbe che, come afferma Gallese, i processi motori non siano meri processi meccanici, ma intenzionali, direzionati e carichi di significato affettivo e imitativo… filosofi della mente, scienziati cognitivi, psicologi, sociologi, ecc dovrebbero riunirsi per rivedere alcune teorie e rielaborarle… La filosofia senza scienza è vuota, la scienza senza filosofia è cieca! Nicola
1 ottobre 2013 alle 19:52
Diamo per scontato che i NS provochino gli inneschi fisici per i comportamenti “cognitivi”; la domanda che viene spontanea è a questo punto: come mai è accaduto solo alla specie umana quella particolare caratteristica di avere un linguaggio (comunicazione), una cultura e una selezione di stimoli che non si ritrovano in nessuna altra specie? La teoria dei NS è tutta interna all’individuo (anche se si presuppone una relazione di qualche natura) e per quanto può provocare una “imitazione” non raggiungerebbe mai la capacità di superare la soglia degli stimoli locali (preda/riproduzione). Che esistano o no i NS non spiegano in nessun modo l’evoluzione della nostra specie, in particolar modo della comunicazione umana. T. Deacon in “La specie simbolica” dice una cosa interessante: si può avere un “minimo linguaggio” o il linguaggio prefigura una complessità che va oltre tutte le spiegazioni che finora sono state date?
2 ottobre 2013 alle 11:52
Caro Michele, sono in parte d’accordo con te… sicuramente il “sistema specchio” non può spiegare completamente i “comportamenti” cognitivi, quantomeno del tutto, ma può spiegare almeno in parte anche il linguaggio, la cultura e i simboli… anche in natura essi esistono, come mostrano molti studi ed esperimenti etologici e psicologici (vedi coniugi Gardner, ecc.), ma, come dice per esempio McLean, noi non possediamo a rigori un unico cervello, ma l’evoluzione di un cervello rettiliano, di mammifero evoluto e infine una neocorteccia, che ci consente di avere una sintassi e una semantica linguistiche che sono in tal senso innate, come voleva Chomsky, ma nel contempo frutto di una certa evoluzione… io credo che ancora sottovalutiamo l’ “intelligenza animale”… ora devo scappare a lezione, come mi dice la mia memoria di mammifero! Un caro saluto. Grazie e buon proseguimento!
2 ottobre 2013 alle 18:31
Quella di Chomsky è una ipotesi come è quella che propongo io, senza dover ricorrere all’innato (non sono il solo a pensarlo). Cari saluti
4 ottobre 2013 alle 16:09
Caro Michele, io credo, dagli studi etologici e psicologici che ho compiuto, che in natura non ci siano caratteristiche morfologiche e fisiologiche casuali… voglio dire che mentre certamente la morte di molti individui di una specie può essere improvvisa (a causa di repentini mutamenti climatici o cataclismi imprevedibili, ecc.) e quindi avere conseguenze inaspettate su di una specie, magari determinandone l’estinzione, al contrario, un processo motorio e un comportamento “intelligente” hanno una base fisica (neurologica e non solo, come nel caso di un organo o un apparato) che necessita molto tempo (generazioni) per diventare operativa, affinandosi… tutto ciò per dire che, se anche credi che sopravvalutiamo le potenzialità cognitive del sistema specchio, non credo si possa evitare di pensare che un simile sistema empatico ed imitativo si collochi nel solco di una linea evolutiva che io credo (ma non sono un esperto di evoluzionismo e perciò sto leggendo i lavori di Pievani) possa collocarsi in origine nella comunicazione non verbale o gestuale che certamente è l’antecedente evolutivo della comunicazione verbale… buona continuazione! NS