> di Alessandra Peluso*
Cinque concetti proposti alla psicoanalisi, di François Jullien, Editrice La Scuola 2014.
Noi esseri umani sembriamo creature sempre alla ricerca di un significato per tutto, che hanno avuto la sfortuna di essere stati gettati in un mondo privo di significato intrinseco. Uno dei nostri compiti più importanti è quello di inventarci un significato abbastanza forte da sostenere la vita e attuare una manovra disonesta di negare il fatto che siamo noi gli artefici di questa invenzione. A sostegno di un ordine necessario nella vita, suffragando in qualche modo il pensiero di Irvin D. Yalom, François Jullien propone al contrario “Cinque concetti alla psicoanalisi” perché si possa tendere alla vita – senza troppe complicazioni – accedendovi.
Questi cinque concetti: disponibilità, allusività, sbieco, de-fissazione e trasformazione silenziosa sembrano delimitarsi nel punto fisso dell’esistenza come una stella, una luce messianica che in qualche modo può supportare la psicoanalisi.
François Jullien, filosofo e sinologo francese, propone l’efficace metodo orientale nell’approccio alla vita e alla relazione a due. Cinque concetti proposti alla psicoanalisi sono ben definiti e dettagliati, atti a chiarire alcuni aspetti della vita nella quale si adottano metodi errati.
Ad esempio il filosofo spiega esaustivamente il concetto di “allusività”, dal latino “ad-ludere” è in senso proprio venire a giocare intorno, in prossimità. Nella poesia cinese un buon poema non fa parola del sentimento provato, ma tutto lo lascia trasparire. Tutto è allusivo, ed evoca indirettamente ciò che, detto scopertamente sarebbe immediatamente circoscritto e inaridito (p. 57). Questa la forza della filosofia cinese secondo la quale convergono solo due forze, due anime, lo yin e yang ossia il femminile e il maschile che raggiungono insieme un perfetto equilibrio. Non sono contrastanti né in lotta se non nel senso di comprendere il comune obiettivo.
Si allude poi al concetto di “disponibilità” che aprendosi alla diversità, si accompagna all’opportunità, a ciò che dal mondo viene a noi come «al suo porto»: è disponibile colui che sa «vivere a proposito» ha detto anche Montaigne, ma senza spingersi a farne una disposizione della conoscenza (p. 39).
Lo studio della cultura orientale è incisiva secondo il filosofo francese e può insegnare ad avere strumenti a sufficienza da adottare nella e dalla società occidentale.
I princìpi descritti in “Cinque concetti proposti alla psicoanalisi” della filosofia orientale soccorrono la psicoanalisi, individuano una realizzazione possibile di vita migliore rispetto al modello culturale occidentale che verte sulla “quantità”, in un materialismo esasperato che enfatizza la “cosalità”.
A tal proposito, Lou Marinoff sostiene la validità della filosofia orientale, in particolare del taoismo in quanto in grado di raggiungere un equilibrio interiore, il benessere, eliminando situazioni di stress emotivo.
Ecco allora che Jullien dà senso nel libro al confronto con la cultura cinese perché la sola capace di produrre quell’estraniamento che permette al pensiero psicoanalitico di scoprirsi nel proprio impensato, validando la psicoanalisi di addentrarsi in spazi di cura finora inesplorati. Per questo parla di “trasformazione silenziosa”: come nella realtà che «non si odono i fiumi che scavano il letto, o il vento che erode le cime dei monti, ma sono loro che hanno disegnato poco a poco i rilievi che abbiamo sotto gli occhi, formando così il paesaggio» (p. 116). Il potere della trasformazione silenziosa è talmente forte, che senza farsi notare, opta per un radicale rovesciamento.
Lo psicoanalista ha questo compito – di mutare le condizioni – con il paziente attraverso proprio i concetti proposti attraverso uno spostamento sotterraneo, smuovendo così le zolle in superficie e stimolando l’attenzione alla scoperta dei minimi indizi di una trasformazione che in fondo sfugge.
È un affascinante percorso, quello offerto da François Jullien che mette a disposizione riflessioni, chiavi di lettura opportune sia allo psicoanalista, a uno studioso specializzato e sia anche a lettori che amano trascendere dai limiti invalidanti che la cultura occidentale a volte impone.
*Alessandra Peluso nata a Nardò (Lecce) nel 1976, vive a Leverano (Lecce); si è laureata in Filosofia con una tesi di laurea su Georg Simmel. Tecnica e critica della cultura, dottore di ricerca in Scienze bioetico-giuridiche con una tesi di dottorato Dal trapianto allo xenotrapianto. Una via per garantire la disponibilità di organi. Correttrice di bozze ed editor presso Università del Salento nel progetto “Enciclopedia di Bioetica”. Impegnata in comunicazione ed editoria. Collaboratrice di Affari Italiani. Membro del “Centro Studi per le pratiche filosofiche Segni dell’uomo” – Università del Salento.
Ha pubblicato saggi filosofici su Albert Camus Il Senso della misura e mediterraneità su Rivista internazionale di filosofia «Segni e comprensione», gennaio/aprile 2013; su Giorgio Campanini rilegge Mounier, Rivista internazionale di filosofia «Segni e comprensione», maggio/agosto 2013; su Georg Simmel, in “Frammenti della cultura del Novecento”, Gilgamesh Edizioni, 2013; su Il corpo delle donne e la bioetica, Limina Mentis, 2014; Aspetto il padre/ Expectabat a patre/ Aspettando Godot!, in atti del “Convegno tra psicoanalisi, cinema e filosofia”, Università del Salento, 29 maggio 2014, atti in corso di pubblicazione; Nascite (controllo delle), voce in IX vol., “Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica”, ESI, in corso di pubblicazione.
Xenotrapianti: le biotecnologie animali e la brevettabilità; Dalla Bioetica alla biopolitica, in onore prof. emerito Antonio Tarantino, ESI, 2014.
Pubblicazioni poetiche: Canto d’Anima Amante, Luca Pensa editore, Lecce, 2011 con la quale ha ricevuto il premio speciale dalla Giuria – Categoria A – Libro edito per l’opera nel Concorso internazionale di poesia-Vittorio Bodini – Lecce. Nel 2014 la sua seconda pubblicazione di poesia con Ritorno Sorgente (LietoColle); nel 2014 Umane transumanze, antologia poetica, De Comporre Edizioni 2014.