Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot


3 commenti

Prolegomeni ad una ‘filosofia del profondo’

> di Andrea Ignazio Daddi*

deep_sea_profondo_blu_N

Il termine ‘filosofia del profondo’, che richiama la ben più nota locuzione ‘psicologia del profondo’, è relativamente poco diffuso e le sue differenti ed effettive accezioni sono ancora prive di una trattazione sistematica. Non tragga in inganno il titolo apparentemente pretenzioso di questo mio breve scritto. Le ricerche che ho effettuato, lungi dall’essere esaustive, si prefiggono, infatti, l’assai meno ambizioso obiettivo di porre parzialmente rimedio a una tale mancanza.

A quanto mi risulta è Giovanni Giulietti il primo ad utilizzare, nel 1965, tale dicitura nel suo saggio La filosofia del profondo in Husserl e Zamboni [1]; si tratta di un’analisi comparata del pensiero del celebre padre della fenomenologia e di quello del gnoseologo italiano, esponente della neoscolastica contemporanea. Accomunati da una forte tensione antintellettualistica, entrambi i pensatori, pur nelle rispettive specificità, sono alla ricerca della dimensione non mediata, preriflessiva ed autentica dell’esperienza conoscitiva ed esistenziale nella sua integralità [2]. A proposito di Husserl, Giulietti cita Enzo Paci, che vede nel pensiero del filosofo moravo «[…] le anticipazioni di tante nuove dottrine filosofiche che alimentano il discorso filosofico attuale, dall’esistenzialismo alla psicoanalisi […]»[3]:

«[…] quella che crediamo la vita vera […] è, invece, la vita nella quale il principio vivente è “coperto”, nascosto, obliato, “assonnato”, non sveglio, non presente a se stesso»[4]. Continua a leggere


Lascia un commento

C’è una vita prima della morte?. Riflessioni di Miguel Benasayag e Riccardo Mazzeo su tempo ed esperienza

> di Paolo Calabrò

Tutto si consuma. E la nostra società potrebbe venir ricordata come quella che, invece di assistere al logorio ineluttabile delle cose, incentivava a prendere parte da protagonisti all’evento, a diventare finalmente “consumatori”. Di questa “svolta” dal carattere ben poco filosofico, sono in tre a farne le spese: il mondo – che non riesce più a sopportare la riduzione a “fondo” da sfruttare e l’alterazione degli equilibri geotermici che hanno permesso (a lui come a noi) di sopravvivere per milioni di anni – e l’uomo, schiacciato dalle crisi economiche, avvilito dall’assenza di futuro, depauperato dai tagli alla spesa, mortificato e vessato dalla propaganda che lo vuole artefice (e colpevole) unico del proprio destino (a suon di: “Ognuno è quel che decide di essere”, “Questo è il più ricco dei mondi possibili” e “Non ci sono alternative al capitalismo”). La terza vittima, forse la più colpita di tutte, è il tempo: Continua a leggere

Zoran_Music_self-portrait_1997


2 commenti

Spesso il male di vivere ho incontrato: Manlio Sgalambro e Guido Ceronetti

> di Luca Ormelli

«Per quanto quel che segue possa dunque essere costituito da minutissimi pezzi, lacerati, chissà, dallo stesso autore in uno dei suoi momenti peggiori, se essi non hanno esaltato solo la sua voce ricevono impresso uno stampo e un ferreo sistema dalla realtà stessa delle cose, come succede a ogni pensiero che non si sia gingillato con se stesso» [M. Sgalambro, DMP].

«L’unità non è un luogo; il frammento è un luogo, è tutti i luoghi, e l’unità lo abita inapparente» [G. Ceronetti, TP].

Continua a leggere

effetto_farfalla


Lascia un commento

Il prestigio della coscienza (seconda parte)

> di Giuseppe Roncoroni*

Hawking
« Un tempo i filosofi consideravano di loro competenza l’intero sapere umano. Oggi i filosofi, incapaci di tenere il passo con le novità della scienza, hanno rinunciato al loro compito. … Quale caduta dalla grande tradizione della filosofia da Aristotele a Kant! … La filosofia è morta e ha lasciato un vuoto. Così la scienza ha preso il suo posto. Oggi i veri filosofi sono gli scienziati i quali sviluppano le teorie sul “che cosa” e sul “perché”. »

Indice
I Il principio della coscienza
II La mappa della coscienza
III I passi della filosofia
IV L’abbraccio fra mente e corpo
V Il cosmo e il tempo
VI La sorgente perenne

IV L’abbraccio fra mente e corpo

Eraclito
« Come il ragno, stando nel mezzo della tela, avverte quando una mosca spezza qualche filo e lì accorre quasi provasse dolore, così la psiche dell’uomo, quando è ferito il corpo, accorre come se non sopportasse la ferita del corpo al quale è congiunta saldamente e secondo una precisa proporzione. »
« Ogni animale è condotto al pascolo dalla frusta. »
« Tutte le cose sono piene di spiriti e demoni. »

1 Cos’è la mente
La mente comprende i processi dei quali siamo coscienti. Questi non sono completi e sfumano verso l’inconscio che è la zona in ombra della mente. Parlerò del rapporto che la nostra mente ha con la natura o, è lo stesso, con il nostro corpo e il nostro cervello. Un fatto è sicuro: le cose dell’una sono diverse dalle cose dell’altra. Le sensazioni, le emozioni o i concetti sono diversi dagli oggetti o dalle cellule.

Continua a leggere


Lascia un commento

“Ritiri Filosofici” incontra Emanuele Severino

Con grande piacere segnaliamo l’articolo degli amici di Ritiri Filosofici, resoconto dell’incontro e del colloquio intercorsi con il filosofo Emanuele Severino. Qui di seguito riportiamo l’introduzione e il link alla pagina in cui è possibile leggere il dialogo nella sua interezza.

Colloquio con Emanuele Severino

Primo febbraio 2014. Un lungo viaggio in auto ci porta a Brescia. Profondo settentrione d’Italia. La città ci accoglie, nel primo pomeriggio, fredda, con una leggera pioggia ed il cielo plumbeo. Attraversiamo corso Garibaldi, dove il grigio dei sampietrini è amplificato dalle pozze d’acqua. Gli abitanti di questa città stanno iniziando il pomeriggio libero, prima del sabato sera. Una passeggiata in centro, un caffè in un bar di piazza Pio VI, un giro in libreria. Noi ci posizioniamo in un B&B, con una finestrella che dà sui tetti di Brescia.
Bagnati, umidi, refrattari al calore. Quando attraversiamo le vie centrali della città, in largo anticipo – per goderci anche il luogo nel quale siamo venuti – sembra che le persone a passeggio stiano trascorrendo un pomeriggio di svago, di divertimento e di relax. Noi, come semplici turisti, guardiamo i palazzi di quella città lombarda, affascinante e anche un po’ magica. In realtà è per noi un giorno speciale, perché alle sei del pomeriggio abbiamo un appuntamento con Emanuele Severino. Ci accoglie a casa sua come fossimo due suoi amici. Con la cordialità e la signorilità che solo i grandi hanno. Ci accomodiamo in una splendida stanza, arredata da altissime librerie piene zeppe, da alcuni tappeti, da un pianoforte a coda e dall’Orfeo scolpito da suo figlio. Il tutto illuminato, soavemente, da alcune lampade. Sediamo su un divano rosso bordeaux, che fa angolo con due poltrone. Severino è curioso di sapere quali sono i nostri studi, il nostro ambito di ricerca. Ognuno di noi gli racconta, brevemente, ciò che studia e l’argomento sul quale sta lavorando per la tesi di laurea. Lui è interessato, regalandoci spunti possibili e consigli di lettura.

Comincia così il nostro colloquio con Emanuele Severino.

tuffatore di delo


4 commenti

Margherita Hack e l’amara faccenda dei neuroni-specchio

> di Giuseppe Roncoroni*

Nietzsche e Gallese

Platone

« C’è chi attribuisce il conversare con voi, disse Socrate, a cause come la voce o l’udito. Poi dice che sono seduto perché i muscoli, tendendosi e contraendosi, fanno sì che le gambe si pieghino. Ma le vere cause sono altre: gli ateniesi mi votarono contro e perciò ho scelto di restare a sedere qui. »

PRESENTAZIONE DEI NEURONI-SPECCHIO

Questo articolo è un commento sui neuroni-specchio. Una rivelazione che viene alla luce nella nostra città, nel laboratorio di fisiologia di Parma, ma si riflette nelle regioni della filosofia e della scienza. Wikipedia li presenta così: « I neuroni-specchio sono una classe di neuroni che risiedono nell’area premotoria del cervello e si attivano quando un animale compie un’azione e quando osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto. I neuroni-specchio nella scimmia e l’analogo sistema dimostrato nell’uomo sono un’osservazione neurofisiologica che va tenuta distinta, nella sua validità, da opinioni interpretative sul loro ruolo. » Continua a leggere

anselm_kiefer


Lascia un commento

Io è un altro – parte III

> di Daniele Baron

3. Immanenza-trascendenza: Divenire

La ricerca precedente ci ha condotto ad un punto che abbiamo definito provvisoriamente “originario”. Abbiamo visto che se identica è la sua apertura, la sua intuizione attraverso la consapevolezza derivante dalla formula “Io è un altro”, differenti sono i modi di abitarvi.
Di esso, però, abbiamo potuto dire poco, sembrando essere pensiero ed insieme qualcosa che al pensiero sfugge, coscienza ed insieme inconscio, un “luogo” che precede il rapporto soggetto-oggetto, che viene “prima” di ogni distinzione tra enti sul piano oggettivo. Come si vede, quando il linguaggio tenta di riferirsi a quella regione – scoperta intuitivamente da Rimbaud e ricompresa nel cogito da Sartre – è costretto all’imprecisione, attingendo ancora a termini di spazio (“luogo”) e tempo (“prima”), condizioni dell’esperienza sensibile oggettiva. Tuttavia, l’originario non può essere né nello spazio né nel tempo come accade agli oggetti. Per designare “qualcosa” che sfugge allo spazio ed al tempo il linguaggio è costretto, in modo paradossale, a ricorrere proprio a elementi afferenti allo spazio ed al tempo. Si può dire, dunque, che esso può affermare poco, ma quel poco risulta ancora troppo. E’ d’obbligo, infatti, la seguente precauzione: occorre specificare che il luogo non è un “dove” preciso, esula da ogni localizzazione (è pertanto in ultima analisi un “luogo non-luogo”) e precisare anche che il “prima” non va inteso in senso temporale ma semplicemente logico, un prima dunque che è sempre “prima di tutto”, e che a tratti può apparire (in Rimbaud ad esempio) come un “orizzonte”, una regione “a venire”, qualche cosa che sempre si allontana nel futuro a mano a mano che ci avviciniamo e che perciò diventa l’opposto: un “dopo” che è sempre un “oltre”. L’originario appare pertanto atopico ed acronico. E per complicare ancora di più il quadro già intricato, o forse per chiarire da dove nascano tali difficoltà, affermiamo in modo perentorio ancora due cose: in primo luogo, che esso non è affatto qualcosa, una cosa, un che di identico e di unitario, dato come oggetto, ma è ciò che sempre differisce da sé; secondariamente, che già il termine “originario” è fuorviante nella misura in cui fa pensare (per associazione di idee dovute ad una specifica tradizione interpretativa) a qualche cosa come ad un fondamento, una origine o un principio.

Continua a leggere

Iscriviti