«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot
«Siamo passati dalla cieca fiducia del positivismo del 1800, che ambiva a diradare o annullare le tenebre dell’incertezza e che si prefiggeva di vincere le sofferenze umane, alla sensazione di essere impotenti e preoccupati di fronte alla totale incertezza e imprevedibilità delle cose e del mondo: siamo passati dal futuro percepito e raccontato come una promessa, al futuro temuto e visto come una minaccia. […] Nel nostro attuale momento storico possiamo dire che la leggerezza sia un’esigenza». Continua a leggere →
Tempi moderni. Note a margine alla Krisis di Edmund Husserl
> di Stefano Scrima*
Quella che l’Ottocento e le sue mitologie – Idealismo e Positivismo – lasciano in eredità all’Occidente è una crisi profonda, che, avvolgendo radici e tronco dell’albero della conoscenza, non può che produrre rami marci, che quando non sono marci, come nel caso del successo delle scienze, hanno comunque perso ogni contatto vitale col resto dell’albero, facendo così perdere anche le tracce della loro ragion d’essere. Nel XIX secolo si perse qualcosa di fondamentale: il senso per cui fu sviluppata la nuova tecnica fondata sulla ragione regolatrice dell’uomo. Lucide testimonianze di questa frattura sono le conferenze che Edmund Husserl tenne a Praga nel 1935-36 sotto il nome diCrisi delle Scienze Europee. L’analisi husserliana è un drammatico tentativo di richiamare l’attenzione sulla pericolante instabilità che il secolo del Positivismo, della febbrile rincorsa alla specializzazione scientifica animata dal sempre più pervasivo mito del progresso, aveva apportato all’umanità intera.
Il filosofo francese Jean-François Lyotard (1924-1998) è noto soprattutto per il suo libro di rottura La condizione postmoderna (Feltrinelli, Milano, 2002) intendendo la modernità finita dopo la Seconda guerra mondiale, in particolare negli anni ’60. Perno del concetto è l’avanzare della tecnologia robotica e la conseguente spersonalizzazione della classica personalità umana. Quest’ultima è ben rappresentata dall’Umanesimo e dalla scienza susseguente, culminate con le sistemazioni intellettuali effettuate dal razionalismo inglese e dall’Illuminismo francese di metà ‘700, in concomitanza con l’avvento della Rivoluzione industriale. Continua a leggere →