> di Paolo Calabrò
«È stata la guerra a fare degli uomini, e di questo tempo, ciò che sono. Una schiatta come la nostra non aveva mai calcato l’arena del pianeta per assumere il controllo della propria epoca. […] Non possiamo negare, come alcuni vorrebbero, che la guerra, madre di tutte le cose, lo sia anche di noi». La guerra madre dell’uomo: solo lei – non certo le mollezze della routine borghese cui la città è assuefatta – può “forgiarlo, scalpellarlo e indurirlo”. Per l’uomo la battaglia è occasione di vita almeno quanto lo è di morte; occasione unica di scoprire e mettere alla prova la profondità del proprio essere, a cominciare dalla robustezza della volontà. Vuoi conoscere la verità su te stesso? Dovresti proiettarti nel bel mezzo di un combattimento. La guerra non ti cambia solo fuori, ma principalmente dentro. La battaglia è prima di tutto un’esperienza interiore…
Jünger filosofo della guerra, o piuttosto fautore della guerra come filosofia, critica sociale, maestra di vita (e non nel senso banalmente militaresco, bensì come sorgente di una consapevolezza pratica, nel senso aristotelico). Non è l’esaltazione del conflitto, né la celebrazione della morte e nemmeno ancora il tetro piacere della distruzione a interessare il pensatore: quanto piuttosto la salutare (e necessaria, ancorché costosa) scossa dal torpore dell’abitudine – tanto al buono quanto al marcio – a una vita sociale ipocrita e viziata come l’aria cattiva. Gli operatori di pace di cui parla il Vangelo troveranno qui ben più di un motivo per storcere il naso (e giustamente); ma accantonare per questo la riflessione di Jünger sarebbe un fraintendimento grossolano; banalizzarla, un errore imperdonabile. Jünger è stato un grande intellettuale del Novecento; più ancora che la sua opera – dai contenuti controversi e disallineati – è la libertà che ne trasuda a rimanere come esempio. Chi vuole fare filosofia oggi provi a leggere La battaglia come esperienza interiore. Non potrà fargli nient’altro che bene.
E. Jünger, La battaglia come esperienza interiore, ed. PianoB, 2014, pp. 160, euro 13.
17 dicembre 2014 alle 17:38
Farei sommessamente presente che si esce dal torpore dell’abitudine anche scalando il K 2, scendendo una cascata all’interno della botte o lanciandosi dal treno. Non occorre far fuori nessuno. Il presente commento del libro mi sembra l’invocazione di Papini al “lavacro di sangue” della prima guerra mondiale. Non c’è bramosia di guerra ma piuttosto, come per “La sottile linea rossa”, una ricerca della grazia che ci sollevi sopra la barbarie in cui la vita ci sprofonda. Trascrivo una presentazione dello stesso libro:
” In questo saggio breve scritto immediatamente dopo la fine delle ostilità e la sconfitta dell’Impero tedesco — l’unico lavoro rimasto inedito in Italia dello scrittore tedesco — Jünger analizza con una prosa ispirata e toccante l’esperienza e le conseguenze materiali e spirituali del disastro della Prima guerra mondiale, tema che segnerà in modo indelebile la produzione letteraria e filosofica dello scrittore e filosofo tedesco. Ne La battaglia come esperienza interiore Jünger riporta l’esperienza terribile della guerra di trincea, luogo dove rivivono gli istinti e le stesse pulsioni ferine che hanno dominato i nostri avi – la stessa volontà di sopraffare e di conquistare. Il vero uomo e il vero soldato è però capace di comprenderle e di dominarle, arricchendo l’esperienza con il senso dell’onore e del rispetto per il nemico. L’artista, lo scrittore, il genio di Jünger è anche capace, oltre a tutto questo, di trasformare tali sensazioni ed esperienze in pura epica, permettendoci di comprendere l’orrore nelle sue molteplici sfaccettature. “